RAV RICCARDO PACIFICI - DISCORSI SULLA TORÀ


XVI

BESHALLACH

(Esodo XIII, 17 - XVII)

LA FEDE NELLA SALVEZZA DI DIO


 Una pagina di epica grandezza ci presenta questa Parashà, una di quelle pagine che non si leggono senza profonda commozione, senza che i nostri cuori provino un nuovo palpito di ardore religioso. È la Parashà che accoglie quella sublime cantica di Mosè o cantica del mare, divenuta uno dei brani biblici più popolarmente diffuso in Israele. Non solo la presenza di questa pagina di alta poesia epico religiosa, ma tutto l'argomento di questa sezione biblica così avvincente nella sua sublime narrazione, veramente poetica in molti tratti, ha contribuito a fare di questa, una delle Parashoth segnalate, cioè più conosciute e più studiate, che infatti dalle altre si distinguono anche per il canto più ampio, maestoso che le accompagna, una di quelle Parashoth, nelle quali sembra di sentire più da vicino il fremito di vita religiosa che aleggia nella pagina della Torà.

Israele è appena uscito dall'Egitto; ha appena iniziato il cammino in quella via della storia che per condurre alla terra d'Israele, deve passare per il deserto. Israele muove ora il passo su questo cammino ed ecco improvvisamente, inaspettatamente, un nuovo tremendo pericolo: ecco l'esercito, il popolo del Faraone egizio inseguire con carri ed armati le schiere dei figli d'Israele, ecco una prima terribile prova per misurare la fede e il coraggio della gente ebraica. Il popolo trema, il popolo dubita per un istante, perché vede l'imminenza del pericolo, vede il Faraone alle spalle e il mare pararsi dinanzi, vede l'ombra della morte incombere fatalmente.

Ma se l'Egitto insegue, i figli d'Israele erano usciti da quella terra sotto la guida di una mano eccelsa e questa guida precede e accompagna il popolo; una colonna di fumo di giorno e una nube di fuoco durante la notte sono i segni manifesti della gloria di Dio che protegge Israele nella sua marcia; questi segni non si allontanano dal popolo e perciò il suo cammino sarà sicuro. E al popolo che, nonostante questi chiari segni, sembra dubitare del suo destino, al popolo atterrito dalla grave minaccia che si profila a tergo, Mosè, il condottiero impareggiabile, ricorda i prodigi del Signore e aggiunge: "non temete, state fermi e saldi e vedrete la salvezza del Signore, perché dopo che avrete visto l'Egitto oggi, non tornerete mai più a vederlo. Il Signore combatterà per voi e voi farete silenzio" (Es. XIV, 13-14).

Parole fatidiche che si avvereranno di lì a poco. Quanto più grande è il pericolo tanto più grande sarà la salvezza di Dio; e forse Dio stesso ha provocato questa fatale situazione per rivelare più solenne e maestoso il suo provvidenziale intervento. Israele non deve temere il pericolo, Israele deve sapere che Dio combatterà per lui, ma Israele deve essere saldo nella sua fede. State fermi, dice Mosè al popolo, state sicuri; adempite voi a quello che è il vostro dovere, siate certi dell'aiuto di Dio. Iddio interverrà a vostro sostegno. Questo imperativo di Mosè sembra essere confermato dalle parole che di lì a poco Iddio rivolge a Mosè stesso "parla ai figli d'Israele e partano" (Es. XIV, 15). Proceda dunque Israele nella sua via, vada innanzi nel suo cammino, stia saldo nella sua fede, nella silenziosa attesa, nella quiete fiduciosa del suo animo, e vedrà l'opera del Signore: "e vide, infatti Israele la mano grande) l'opera grandiosa di Lui contro l'Egitto e temette l'Eterno ed ebbe fede nel Signore e in Mosè suo servo " (Es. XIV, 31).

Il miracolo del Mar Rosso e l'imponente prodigio compiuto al cospetto di tutto il popolo è il nuovo insuperabile segno della giustizia e della provvidenza di Dio. Il miracolo si è compiuto per quella e per le future generazioni di Israele; ormai sono gettate le basi della fede nel cuore del popolo: Israele sa ormai che la mano di Dio è la sua guida e che dinanzi ai più gravi pericoli la sua salvezza sorgerà sempre, e sarà scampo infallibile. Ecco quindi sorgere spontaneo dall'anima esultante del popolo il cantico della salvezza sul mare, che è anche il cantico della futura salvezza: "Allora cominciò a cantare Mosè e Israele", dice il primo verso e la parola ebraica esprime la continuità del canto nel futuro. Verso l'avvenire, si protende infatti, piena di fede, l'anima collettiva di Israele; il canto che ora risuona dalla bocca del popolo, sarà anche domani il canto di salvezza di tutto Israele. L'anima ebraica impara ora a cantare, impara a sperare e ad avere fiducia in quella Provvidenza Divina che così potentemente si è rivelata a Israele; dovrà ripetere e far conoscere ai figli e ai figli dei figli l'evento della liberazione e della salvezza sul mare, perché esso sarà richiamo e appello all'immancabile soccorso di Dio.

Israele dovrà imprimere quel canto nel suo cuore e lo ripeterà ogni giorno, quasi a testimoniare che ogni giorno può rinnovarsi il miracolo della salvezza: sul mare, sulla terra o sui deserti della vita, Israele potrà incontrare nuovi ed impensati ostacoli al suo cammino ma con essi incontrerà sempre l'aiuto infallibile di Dio; i miracoli e i prodigi del Mar Rosso si potranno rinnovare oggi come ieri e le generazioni d'Israele riconosceranno ancora l'intervento di Dio e, come allora sul mare, i padri additeranno ai figli la presenza del Signore e ripeteranno i versi della cantica:

"Questo è il mio Dio, io voglio elogiarLo

è Iddio di mio padre, io voglio esaltarLo".

(Esodo, XV, 2)