RAV RICCARDO PACIFICI - DISCORSI SULLA TORÀ

XXXIV

BEMIDBAR

(Numeri I - IV, 20)

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Con la Parashà di oggi si apre il quarto libro della Torà, il libro di Bemidbar. Le caratteristiche di questo libro sono in gran parte profondamente diverse da quelle precedenti: là infatti abbiamo visto soprattutto la promulgazione di un complesso di leggi, leggi sacerdotali e leggi di santità per il popolo; qui invece ci viene presentata in prevalenza la vita del popolo nel deserto (di qui il nome Bemidbar), in quel deserto nel quale dovrà poi rimanere per 40 lunghi anni; qui insomma si riprende per così dire il filo del racconto lasciato interrotto dopo il grande avvenimento del Sinai e la costruzione del Tabernacolo; qui la vita del popolo riprende il suo movimento.

Quasi a preparare e a disporre l'animo nostro a questo nuovo capitolo di storia, a questa ripresa del cammino d'Israele, interviene la prima Parashà di questo libro che ci presenta, direi, il grande schieramento del popolo ebraico diviso nelle sue tribù e nelle sue famiglie.

Siamo come dinanzi alla rassegna di un grande esercito che si prepara a muoversi e a marciare dopo un lungo periodo di sosta; e che la rassegna abbia anche un carattere militare è comprovato dal fatto che gli individui censiti, sono, secondo il termine della Torà, nell'età dai 20 anni in poi, individui atti ad uscire in guerra. Data questa caratteristica, la Parashà odierna si distacca nettamente da tutte le altre. In essa noi abbiamo modo di ammirare uno degli aspetti forse meno conosciuti e meno apprezzati della vita e della storia d'Israele, e cioè la magnifica opera di organizzazione di questo popolo in marcia, opera che di solito sfugge a noi che abitualmente ci soffermiamo su altri più importanti e più elevati aspetti della vita e della dottrina di Israele. Ma a chi pensi quale importanza ha avuto sempre e ha tutt'oggi l'organizzazione tecnica e militare, a chi pensi quale somma di problemi doveva presentare la direzione di un popolo intero che moveva in condizioni di vita eccezionali attraverso un deserto verso la conquista della terra di Canaan, a chi pensi tutto ciò non sfuggirà certo l'importanza notevole che doveva avere l'ordinamento direi tattico del complesso delle tribù ebraiche. Ebbene, leggendo la Parashà odierna, si resta come stupiti dal meraviglioso ordine che presiedeva allo schieramento delle tribù d'Israele, ciascuna di esse col proprio capo, ciascuna di esse divisa in sottotribù e in famiglie guidate da capi nominalmente conosciuti; ciascuna di esse col proprio vessillo sul quale era disegnato l'emblema corrispondente a quello che il sommo sacerdote portava sul petto; e inoltre ogni tribù prendeva un determinato posto nello schieramento del popolo; punto centrale di riferimento per questa assegnazione, era la posizione centrale occupata dal Santuario. Il Santuario, come centro della vita spirituale d'Israele, occupava il centro dell'accampamento, quando gli Ebrei erano fermi e le tribù si disponevano ai lati, e ai punti cardinali del Santuario secondo un ordine prestabilito e parimenti, durante le marce, v'erano per così dire delle tribù di avanguardia che precedevano il cammino dell'Arca e degli altri arredi sacri e v'erano quelle di retroguardia che chiudevano la marcia. L'Arca e il Santuario erano circondati e serviti dalla tribù di Levi che si distaccava da tutte le altre. La partenza e l'arrivo alle nuove tappe, i movimenti dei vari gruppi, il loro sistemarsi erano mirabilmente ordinati da squilli di tromba, cosicché leggendo queste pagine noi siamo stupiti perché ci sembra di leggere gli ordinamenti di un grande esercito moderno; è questa meraviglia da cui fu preso anche il profeta Balaam quando contemplando l'immenso accampamento d'Israele iniziò la sua alata poesia dicendo:

"Quanto sono belle le tue tende, o Giacobbe, la tua dimora, o Israele" (Bemid. XXIV, 5). Il grande schieramento d'Israele, per cui ciascuno è accampato all'ombra del proprio vessillo, era ed è uno schieramento pacifico; il grande esercito d'Israele marciava, si, non con strumenti di guerra, ma bensì con la presenza di quel Tabernacolo che era simbolo della gloria di Dio, di quella gloria che doveva accompagnare, guidare, proteggere la marcia del popolo verso la sua mèta lontana.