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Pubblichiamo la traduzione della Parashat Sheminì anche nell'intento di far conoscere al pubblico italiano lo straordinario The Stone Chumash della "Artscroll". Un'opera che non può mancare nella biblioteca di chi legge l'inglese!

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Parashat Sheminì

Una raccolta antologica di commenti

dalla letteratura rabbinica

pubblicata nel "The Stone Chumash" della Mesorah Pubblications, ltd

curato da

Rabbì Nosson Scherman

Traduzione di David Pacifici

Il testo italiano della parashà è la traduzione di

Rav Menachem Emanuele Artom

tratta da "Pentateuco ed Haftarot"

 


 

Inizia il servizio sacerdotale.

Alla fine della precedente parashà, Aron ed i suoi figli avevano ricevuto l'istruzione di rimanere presso la Tenda della Radunanza per sette interi giorni mentre Mosè celebrava la cerimonia di inaugurazione del Tabernacolo. Ogni giorno, per sette giorni, Mosè eresse il Tabernacolo, celebrò la cerimonia lui stesso, smontò il Tabernacolo al termine della cerimonia. Il periodo inaugurale raggiunse l'apice con la consacrazione di Aron e dei suoi figli come Coanim, sacerdoti, l'ottavo giorno. Da quel momento in poi solo i Coanim potevano svolgere il servizio di culto nel Tabernacolo. Questo capitolo inizia il primo giorno di Nissan, ottavo giorno delle cerimonie inaugurali. Quel giorno il Tabernacolo fu eretto permanentemente ed i Coanim assunsero il loro nuovo ruolo. Questa parashà descrive la particolare cerimonia che i Coanim appena consacrati celebrarono nel giorno in cui acquisirono il nuovo status.

Levitico, cap. 9, v. 1- E fu nell'ottavo giorno che Mosè convocò Aron ed i suoi figli e gli anziani di Israele...

E fu. I Maestri insegnano che questa parola indica sempre che c'è qualche guaio o del lutto associato alla narrazione. Ma che tristezza poteva esserci in quel gioioso primo giorno di Nissan? Rabbì Israel di Rizhin fa notare il commento di Sforno secondo il quale fino al peccato del vitello d'oro non c'era bisogno di un centro di santità; ogni ebreo era meritevole della Presenza Divina o Shehinà. Dopo la terribile disgrazia nazionale divenne necessario costruire il Tabernacolo come sede della Shehinà. Così l'inaugurazione del Tabernacolo fu cosa triste perchè la gioia si mescolava con la consapevolezza che il popolo aveva sprecato la sua opportunità di raggiungere una ancora più elevata santità.

E gli anziani di Israele. Anche se l'ordine di portare le offerte indicate di seguito era indirizzato solo ad Aron, Mosè voleva che gli anziani udissero da soli che Aron era stato elevato all'incarico di Coen Gadol, Sommo Sacerdote, da Dio e non se lo era preso da solo (Rashì) nè aveva ricevuto la posizione dal fratello per un atto di nepotismo.

2- ...e disse ad Aron: "Prenditi un vitello dal bestiame grosso come chattath ed un montone per olocausto, entrambi senza difetti, e presentali davanti al Signore.

Chattath.

Il chattath è il tipo di sacrificio che più comunemente era presentato al Tempio per espiare le colpe. La Torà lo richiede talvolta come offerta comune a favore dell'intero popolo, e talvolta come offerta individuale per adempiere ad un obbligo personale. Non poteva mai essere presentato come offerta volontaria: poteva essere presentato solo nelle circostanze in cui la Torà lo richiedeva espressamente. Alcuni esempi: il vitello ed il capro di Kippur; il vitello del Sinedrio per i peccati del popolo in conseguenza di una sua errata sentenza; la capretta dell'individuo che involontariamente ha commesso un peccato che se volontario sarebbe passibile della grave pena del chareth, rescissione dal popolo; ecc..

Un vitello. Dio scelse un vitello per il sacrificio di Aron per mostrare che, offrendo questo animale, Aron sarebbe stato perdonato per il suo ruolo nel peccato del vitello d'oro (Rashì).

3- Poi parlerai ai figli di Israele dicendo loro così: "Prendete un capretto per chattath ed un vitello ed un agnello di un anno senza difetti per olocausto...

Olocausto.

Olocausto è la traduzione che Rav Artom dà di olà. L'olà era una delle due principali offerte volontarie, portate non per trasgressioni ma per il desiderio dell'offerente di elevarsi spiritualmente; poteva anche essere un'offerta obbligatoria per segnare determinate occasioni o situazioni. Alcuni esempi: l'offerta di ogni pellegrino nei pellegrinaggi per le tre feste di Pesah, Shavuot e Succot; il sacrificio addizionale o di musaf di shabbat e delle altre feste; l'offerta di una donna dopo il parto.

Parlerai. Il verso non specifica chi riceve il comando di parlare ai figli di Israele. Ramban ipotizza tre alternative: (a) l'onore fu dato ad Aron per incrementarne il prestigio; (b) Mosè istruì tutti i presenti, sia Aron che gli anziani, perchè parlassero al popolo [ma usò il singolare perchè ognuno di essi fosse personalmente responsabile di portare il messaggio al popolo]; (c) Mosè disse a ciascuno di essi cosa doveva fare; dopo aver istruito Aron perchè preparasse i suoi sacrifici (v. 2), ora istruisce gli anziani perchè preparino le offerte della nazione.

Un capretto per chattath. Il sacrificio del popolo era un capretto, mentre quello di Aron era un vitello (v. 2). Targum Yonathan commenta che l'offerta di Aron espiava per il peccato del vitello d'oro mentre quella del popolo espiava per la vendita di Giuseppe. Questi peccati avevano differenti cause di fondo ed i differenti animali richiesti dalla Torà riflettevano i difetti caratteriali che avevano portato al peccato e necessitavano espiazione. Quando il popolo aveva preteso che Aron costruisse un "dio" che prendesse il posto di Mosè, esso soffriva di eccessiva dipendenza da lui. Il popolo pensava che non ce l'avrebbe fatta senza Mosè o qualcosa che lo sostituisse e di conseguenza Aron costruì un vitello, che segue sempre la madre con sottomissione. Quando i fratelli vendettero Giuseppe invece, mostrarono un istinto ribelle in quanto rifiutavano di accettare la scelta fatta da Giacobbe di Giuseppe come capo della famiglia. Si comportarono come un capro selvatico e così fu scelto quell'animale per espiare per il loro peccato (Rabbì Yosef Dov Solovetichik).

4- ...ed un bue ed un montone per shelamim da sacrificare davanti al Signore, ed un'offerta farinacea intrisa nell'olio, perché oggi il Signore si presenta a voi"".

Shelamim.

Gli shelamim erano offerte personali volontarie (ma talvolta anche obbligatorie) senza scopo di espiazione. La caratteristica peculiare era il fatto che la maggior parte della carne di tali offerte poteva essere mangiata dall'offerente e dai suoi ospiti. Per questo motivo era l'offerta più comunemente portarta durante la celebrazione delle feste così che una persona e la sua famiglia potessero "celebrare di fronte al Signore (Deuteronomio, 16:14,17)".

Offerta farinacea.

Si tratta del minhà, il cui ingrediente principale era la farina, cui veniva generalmente aggiunto olio di oliva ed una sostanza conosciuta come "levonà".

Poteva essere individuale o comunitaria, volontaria o obbligatoria. Spesso era un'offerta indipendente, ma era anche un complemento agli olocausti ed agli shelamim. Poteva anche essere, per i più poveri, la sostituzione di offerte più costose.

Il Signore si presenta. Il grado di Shehinà [Divina Presenza] che le loro offerte avrebbero portato fu manifestato dalla discesa di un fuoco Celeste che rappresentava l'apparire di Dio tra il popolo (v. 24, Rashbam).

5- Dunque presero quel che aveva comandato Mosè davanti alla tenda della radu-nanza e tutta la congrega si avvicinò e stette in piedi davanti al Signore.

E tutta la congrega si avvicinò. Il popolo non aveva ricevuto l'ordine di avvicinarsi, ma quando si rese conto che Dio avrebbe accettato le sue offerte in espiazione per i suoi peccati si radunò con gioia e baldanza (Sifrà).

6- Allora Mosè disse: "Questa è la cosa che il Signore ha comandato che eseguiate sicchè si riveli a voi la Maestà del Signore".

Allora Mosè disse: questa è la cosa. Mosè pronuncia questa frase per rassicurare il popolo del fatto che la "Maestà del Signore" gli apparirà quel giorno in conseguenza della prima celebrazione della cerimonia da parte di Aron (Rashì).

Mosè disse al popolo che, dopo che essi avessero ottemperato al comando di Dio, la Sua gloria gli sarebbe apparsa. Questo concetto è fondamentale nella fede ebraica e cioè che dopo che un ebreo si sia dedicato ad obbedire al volere di Dio effetti benefici indefiniti ne seguiranno. Quando si è aperto il Mar Rosso, ad esempio, gli ebrei si sono gettati nell'acqua e, premiando la loro fede, Dio mostrò loro miracoli senza precedenti ed un livello di rivelazione più alto perfino di quello di cui ebbe esperienza il profeta Ezechiele. Così ferma era la volontà da spingere gli ebrei a dichiarare a Mosè che erano pronti ad eseguire tutti i comandamenti anche prima di sapere cosa Dio avrebbe chiesto loro (Esodo 24:7; Shabbat 88a). Una volta che un ebreo manifesta la sua fede in Dio, Dio ricambia con ogni tipo di benedizione (Rabbì Aharon Kotler).

7- E Mosè disse ad Aron: "Accostati all'altare e fà il tuo chattath ed il tuo olocausto ed espia per te e per il popolo e fà il sacrificio del popolo ed espia per esso, come ha comandato il Signore".

Accostati. Aron era timoroso e vergognoso di avvicinarsi all'altare [a causa del suo ruolo nell'episodio del vitello d'oro]. Mosè lo incoraggiò dicendo: "Perchè ti vergogni? É per questo [essere il Coen Gadol] che sei stato scelto!" (Rashì).

Deghel Machaneh Efraim commenta: "É proprio perchè sei capace di vergogna che sei stato scelto; Dio disdegna gli altezzosi."

E per il popolo. Indirettamente, l'offerta personale di Aron era un espiazione tanto per il popolo che per se stesso, in quanto uno non può espiare per altri se egli stesso non è libero dal peccato (Bavà Mezià 107b). Solo dopo che Aron avrà espiato per se stesso potrà portare le offerte comunitarie elencate nel verso 3 (Ibn Ezra).

8- Dunque Aron si accostò all'altare e scannò il vitello, suo chattat; 9- i figli di Aron gli presentarono il sangue, egli intinse il suo dito nel sangue e lo mise sui corni dell'altare ed il resto del sangue versò sulla base dell'altare; 10- ed il chelev ed i reni e la membrana del fegato tratta dal chattath arse sull'altare, come il Signore aveva comandato a Mosè;

Arse. Non c'era un fuoco permanente sull'altare finchè non scese un fuoco Celeste (v. 24) e consumò i sacrifici. Così il nostro verso indica che Aron doveva piazzare il sacrificio sulla pira così che fosse pronto a bruciare quando il fuoco Celeste sarebbe sceso sull'altare (Rashbam sul v.13; Haamek Davar).

11- ...e la carne e la pelle bruciò col fuoco fuori dell'accampamento.

Bruciò. Abitualmente i soli sacrifici che venivano bruciati fuori del campo erano i hataot pnimiot offerte il cui sangue veniva spruzzato all'interno del Santuario (4:1-21; 16:27). La sola eccezione a questa regola è questo sacrificio e quelli degli altri sette giorni dell'inaugurazione che furono bruciati anche se l'intera cerimonia del sangue era avvenuta sull'altare esterno (Rashì). Ma perchè bruciare completamente queste offerte? Queste offerte servivano, almeno in parte, ad espiare il peccato di Aron con il vitello d'oro. Comandando che tutto venisse bruciato senza lasciare traccia, Dio indicava al popolo ebraico che il peccato di Aron era completamente perdonato (Siftè Coen).

12- Poi scannò l'olocausto ed i figli di Aron gli fecero trovare pronto il sangue e lo versò sull'altare all'intorno; 13- e l'olocausto gli fecero trovare pronto a pezzi con la testa, ed egli li arse sull'altare; 14- poi lavò le interiora e le gambe e le arse sull'olocausto sull'altare. 15- Quindi presentò il sacrificio del popolo e prese il capro di chattath del popolo e lo scannò e lo offrì come chattath come il primo. 16- E presentò l'olocausto e lo sacrificò secondo la regola. 17- E presentò l'offerta farinacea e se ne riempì la mano e la bruciò sull'altare oltre all'olocausto del mattino. 18- E scannò il bue ed il montone, sacrificio di shelamim del popolo, ed i figli di Aron gli fecero trovare pronto il sangue ed egli lo versò sull'altare all'intorno. 19- E gli fecero trovare pronte le parti di chelev del bue e del montone, la coda e quel che copre le interiora ed i reni e la membrana del fegato; 20- e misero le parti di chelev sui petti e Aron arse le parti di chelev sull'altare. 21- Poi Aron agitò i petti e la gamba destra davanti al Signore, come aveva comandato Mosè.

La benedizione di Aron e la Presenza Divina.

Avendo completato la sua prima cerimonia sacrificale, Aron benedisse gioiosamente il popolo pronunciando la Birkat Coanim, la benedizione sacerdotale, per la prima volta.

Aron era sopraffatto dal desiderio di benedire il popolo perchè tale è la generosa ed amorevole natura di Aron e dei suoi discendenti. Come ricompensa Dio diede ai Coanim l'eterno comandamento di imporre la benedizione sacerdotale sul popolo ebraico (Sfat Emet).

22- Ed Aron alzò le sue braccia verso il popolo e lo benedisse e discese dopo aver fatto il chattath e l'olocausto ed i shelamim.

Ed Aron alzò le sue braccia. Questa è la fonte della regola che impone ai Coanim di alzare le mani quando benedicono il popolo.

E lo benedisse. Aron pronunciò la benedizione sacerdotale (Rashì). Anche se la formula della benedizione non è ancora stata riportata nella Torà (si trova in Numeri 6:24-26) essa era già stata insegnata a Mosè che a sua volta l'aveva insegnata ad Aron.

23- Poi Mosè ed Aron entrarono nella tenda di riunione, ne uscirono e benedissero il popolo, ed allora la gloria del Signore apparve a tutto il popolo.

E Mosè ed Aron entrarono. Perchè entrarono nella tenda di riunione? Rashì, richiamandosi a Sifrà, propone due alternative: (a) Mosè doveva insegnare ad Aron la procedura per bruciare il ketoret, l'incenso, sull'altare interno; (b) Quando Aron vide che la Shehinà, la Presenza Divina, non si era fermata sul Tabernacolo malgrado la lunga cerimonia di inaugurazione, si disperò ed incolpò se stesso dicendo: "So che Dio è in collera con me [a causa del peccato del vitello d'oro] ed è a causa mia che la Shehinà non si è fermata su Israele." Si rivolse a Mosè e disse: "Mosè, fratello mio, che mi hai fatto coinvolgendomi nella cerimonia divina e facendomi umiliare!" Immediatamente Mosè entrò [nella tenda della radunanza] con lui e pregarono - e la Shehinà rimase su Israele.

24- Ed un fuoco uscì da davanti al Signore e divorò sull'altare l'olocausto e le parti di chelev: tutto il popolo vide, giubilò e si prostrò con la faccia a terra.

Ed un fuoco uscì da davanti al Signore. Il fuoco scese giù come una colonna dal cielo alla terra (Sifrà). Entrò nel Santo dei Santi, di lì passò all'altare d'oro e poi all'altare esterno facendo sì che l'incenso ed i sacrifici si trasformassero in fumo (Rashbam).

E si prostrò con la faccia a terra. Oltre al miracolo del fuoco, la gente notò che miracolosamente l'intero popolo si trovava nella minuscola superficie di 50 cubiti quadri del Cortile di fronte al Tabernacolo: c'era spazio per tutti! Si prostrarono a terra con timore e gratitudine - ed ognuno aveva per se uno spazio di quattro cubiti! Ed ecco lo spirito di santità scese su di loro ed essi cantarono in lode di Dio (Yalkut).

 

La morte di Nadav ed Avihù.

Proprio nel momento in cui la gioia per il rituale dell'inaugurazione era al culmine, la tragedia colpì. I due figli più anziani di Aron - uomini che Mosè aveva descritto come i più brillanti figli della nazione - celebrarono un rito non autorizzato e persero le loro vite. Il comportamento di Mosè e di Aron di fronte alla luttuosa perdita fu un'ulteriore testimonianza della loro statura e portò ad una nuova e superiore santificazione del Nome di Dio.

I Maestri ed i commentatori offrono un vasto ventaglio di interpretazioni circa ciò che realmente fecero Nadav ed Avihù, perché lo fecero e perché causò la loro morte. Molto brevemente di seguito presentiamo le più interessanti opinioni dei maggiori commentatori ed una panoramica sulla incomprensione di fondo che portò Nadav ed Avihù a sbagliare.

§ Il peccato di portare incenso non richiesto. La maggior parte dei commentatori seguono Sifrà nel dire che Nadav ed Avihù sbagliarono nel portare del loro incenso nel Santo dei Santi, dove perfino il Sommo Sacerdote poteva entrare solo una volta l'anno, il giorno di Kippur. Ramban (16:2) e rabbì Bahyà, percontro, ritengono inconcepibile che Nadav ed Avihù potessero aver preso in proprio l'iniziativa di entrare nella parte più sacra del Santuario, un atto per il quale lo stesso loro padre non aveva ancora, in quel momento, ricevuto nè ordine nè autorizzazione. Piuttosto avevano compiuto il normale rito giornaliero dell'incenso sull'altare interno, anche se non avevano ricevuto ordini al riguardo (Ramban, Ravad a commento di Sifrà, Ritvà a commento di Yomà 53a).

§ Perché Nadav ed Avihù hanno preso l'iniziativa di compiere il rito? Vedendo il grande amore di Dio verso Israele, mostrato mandando un fuoco Celeste a consumare le offerte sacrificali (9:24), essi volevano contraccambiare con una dimostrazione del loro amore per Dio. Usarono l'incenso come mezzo per farlo (Sifrà). Sapendo che c'era il precetto di portare fuoco ed incenso giornalmente, e vedendo che Mosè non aveva ancora dato disposizione a nessuno di farlo, pensarono di poter agire in proprio. Mosè, invece, stava aspettando la discesa del fuoco Celeste. Voleva che il primo incenso fosse acceso dal fuoco di Dio, per santificare il Nome di Dio (Rashbam).

Levitico, cap. 10, v. 1- I figli di Aron, Nadav ed Avihù, presero ognuno il suo incensiere, vi misero del fuoco e posero su di esso dell'incenso e presentarono dinnanzi al Signore un fuoco estraneo che non avevano avuto ordine di presentare.

I figli di Aron. Essi erano i figli di Aron, ma gli mancarono di rispetto agendo in proprio, senza consultarlo. Inoltre essi agirono indipendentemente, senza discutere l'argomento tra di loro (Sifrà).

 

Un fuoco estraneo. Rabbì Yshmael sostiene che usarono il fuoco dell'altare ma esso viene definito estraneo perchè essi non avevano ricevuto l'ordine di portarlo come offerta. Rabbì Akiva sostiene invece che il fuoco era letteralmente estraneo perchè non veniva dall'altare. Rabbì Eliezer concorda sul fatto che il fuoco non era sacro, ma aggiunge che la loro mancanza consistette nel ritenere permessa l'offerta del fuoco; in tal modo si resero colpevoli di aver preso una decisione su un argomento sul quale avrebbero dovuto consultare il loro maestro Mosè. (Sifrà).

 

2- Allora uscì un fuoco da davanti al Signore e li divorò, ed essi morirono davanti al Signore. 3- E Mosè disse ad Aron: "Con questo fatto il Signore viene a dire: "per mezzo di quelli che Mi sono vicini mostro la Mia santità e perciò davanti a tutto il popolo sarò onorato""; ed Aron tacque.

Con questo fatto il Signore viene a dire. Il fuoco che li consumò fu come una affermazione verbale di Dio: era un messaggio senza parole sulla volontà di Dio (Ramban). Rashì commenta che le morti furono il compimento di precedenti parole di Dio a Mosè. Parlando del Tabernacolo Dio aveva detto in precedenza: "sarà santificato dalla Mia gloria" (Esodo 29:43).

Per mezzo di quelli che Mi sono vicini mostro la Mia santità. Mosè ora dice ad Aron, "Sapevo che il Tabernacolo sarebbe stato santificato da qualcuno su cui riposava la gloria di Dio, ma pensavo che sarebbe stato uno di noi. Ora so che essi erano più grandi di ciascuno di noi".

Sarò onorato. Quando Dio impone la assoluta giustizia anche sui più giusti, Egli è temuto ed onorato. La gente dice che se tale è il destino dei più giusti, certo la punizione dei peccatori sarà ben peggiore (Rashì; Zevahim 115b). È fatto comune nelle società umane che gli uomini più potenti e rispettati mantengano uno standard comportamentale più permissivo di quello della gente "comune": nell'ebraismo è vero il contrario. Dio pretende uno standard più elevato per i Suoi grandi e considera più severamente le loro mancanze.

Ed Aron tacque. Aron piangeva apertamente, ma sentendo le parole consolatorie di Mosè, smise (Ramban), trovando conforto nel sapere che i suoi figli avevano santificato il Nome di Dio (Sforno). Per compensare la sua silenziosa accettazione del decreto Divino, Aron fu onorato con la successiva mizvà (versi 8-11) destinata solo a lui (Rashì).

4- E Mosè chiamò Misciael ed Etsafan, figli di Uzziel zio di Aron, e disse loro: "Avvicinatevi, portate i vostri parenti da davanti al luogo santo a fuori dell'accampamento".

Misciael ed Etsafan. Essi erano Leviti e dovevano ora rimuovere i corpi per non sminuire le celebrazioni (Rashì, Ketubot 17a). Un Sommo Sacerdote non può rendersi impuro con una salma, nemmeno nel caso di un parente prossimo e quindi Aron non poteva rimuovere le salme mentre i normali Coanim potevano farlo (21:11). Sarebbe toccato ad Elazar ed Itamar rimuovere i resti dei loro fratelli ma per la solennità della inaugurazione la Torà impone un'eccezione: in questo giorno anche ai normali Coanim non è consentito divenire impuri, nemmeno per i parenti prossimi (Ramban). È notevole che questo verso identifichi Mishael ed Elzafan come cugini di Aron: è evidente che il loro rapporto di parentela è importante per l'incarico affidato. In effetti la Torà ci insegna qui che la primaria mizvà di attendere ai morti compete ai parenti: più stretta la parentela, più grande la responsabilità. In questo caso ai parenti più prossimi - Aron ed i suoi figli superstiti - era proibito rendersi impuri toccando i morti; di conseguenza sono stati indicati i più prossimi dopo di loro (Rabbì Yaakov Kamenetsky).

5- Ed essi si avvicinarono e li portarono con le loro tuniche fuori dell'ac-campamento, come aveva parlato Mosè.

Con le loro tuniche. I loro corpi ed i loro abiti erano intatti. Il fuoco Celeste era entrato in essi ed aveva bruciato le loro anime senza intaccare i loro corpi ed i loro abiti (Rashì; Sanedrin 52a).

6- Poi Mosè disse ad Aron e ad Elazar e ad Ithamar suoi figli: "Non scompigliate i vostri capi nè lacerate i vostri abiti sì che non moriate ed Egli non si adiri contro tutta la collettività; ed i vostri fratelli, tutta la casa di Israele, piangeranno coloro che sono stati bruciati dal Signore; 7- e non uscite dalla porta della tenda della radunanza affinchè non moriate, perchè è su di voi l'olio dell'unzione del Signore". Ed essi fecero secondo la parola di Mosè.

Per non interferire con la gioiosa inaugurazione, Dio proibì le usuali manifestazioni di lutto anche ai fratelli di Nadav ed Avihù.

Tutta la casa di Israele. I Maestri derivano da questo verso che la sofferenza di un Talmid Haham [uno studioso della Torà, in questo caso Aron ed i suoi figli in lutto] deve essere condivisa da tutto Israele (Rashì). In effetti un ebreo deve accettare la giustizia di Dio nella certezza che sia per il meglio - come fu comandato di fare ad Aron ed ai suoi figli - ma tutti debbono piangere e stare a lutto per le disgrazie di un correligionario (Rabbì Shlomò Kluger).

I precetti ad Aron contro le sostanze intossicanti.

Aron riceve ora la proibizione di celebrare riti o di decidere di questioni legali quando intossicato. Questo insegna che Dio vuole che i Suoi servi trovino la fonte della loro gioia nella Torà e nell'attuazione dei suoi precetti, non attraverso stimoli esterni come l'alcool. Ad un Coen che entra nel Tempio manca qualcosa se non riesce a trovare la gioia nella sua cerimonia (Rabbì Bunam di Psishà).

8- Ed il Signore parlò ad Aron dicendogli: 9- "Vino e liquore non bevete tu ed i tuoi figli che sono con te quando dovete entrare nella tenda della radunanza, in modo che non moriate: legge per tutti i tempi per le vostre generazioni: ...

Ad Aron. Dio parlò direttamente ad Aron come premio per la sua accettazione silente del decreto Celeste riguardante i suoi figli.

Vino e liquore [letteralmente: vino ed intossicanti]. Poichè questo precetto viene dato immediatamente dopo la morte di Nadav ed Avihù, Rabbì Yshmael ne ricava l'ipotesi che la loro punizione fosse in relazione con l'argomento della proibizione: il loro peccato consisterebbe allora nell'essere entrati nel Santuario dopo aver bevuto vino.

10- ...e ciò perchè possiate distinguere tra il sacro ed il profano e fra l'impuro e il puro, 11- ed insegnare ai figli di Israele tutte le leggi che il Signore disse loro per mezzo di Mosè" .

Ed insegnare. Questo indica che insegnare, così come celebrare nel Tempio, esige una mente lucida. Conseguentemente ad una persona che abbia bevuto vino è anche proibito sentenziare legalmente perchè ciò equivale ad insegnare Torà (Rashì).

Disposizioni per le offerte della giornata.

Il giorno della morte di un parente stretto chi tiene il lutto è chiamato onen e le leggi che regolano il suo status sono più severe di quelle relative ai giorni successivi. Sebbene il Coen Gadol, il Sommmo Sacerdote, debba celebrare le cerimonie del Tempio anche se onen, agli altri Coanim ciò è proibito. Il momento della inaugurazione del Tabernacolo fu un'eccezione a questa regola ed a tutti i Coanim venne richiesto di continuare il rito del sacrificio - compreso il mangiare la sacra carne. La misura di questa dispensa diviene argomento di controversia tra Mosè ed Aron nell'episodio successivo. Il problema era questo: erano autorizzati i Coanim a mangiare da tutte le offerte della giornata o piuttosto solo da alcune delle offerte, come verrà poi spiegato?

La risposta al quesito dipende dalla natura dell'offerta. Quel giorno venivano portati due tipi di offerte. Alcune erano kodshè shaà, offerte portate solo nella specifica occasione e che non si sarebbero mai più ripetute; altre erano kodshè dorot, offerte parte delle regolari cerimonie del Tabernacolo e che sarebbero state ripresentate in futuro. Mosè aveva comandato ai Coanim di mangiare l'offerta farinacea (verso 12), parte dello speciale rito dell'inaugurazione. Questo comando doveva estendersi anche alle altre offerte? La logica poteva indicare che i Coanim in lutto dovevano mangiare solo le offerte che non sarebbero mai più state ripresentate per via della loro somiglianza alla offerta farinacea (ma vedi sotto).

 

12- Mosè parlò ad Aron e ad Elazar e ad Ithamar, suoi figli superstiti dicendo: "Prendete l'offerta farinacea rimasta da ciò che è stato bruciato sul fuoco in onore del Signore e mangiatela in pani azzimi presso l'altare perché essa è cosa santissima;...

Prendete l'offerta farinacea. Anche se all'onen è abitual-mente proibito di mangiare le offerte, Mosè porta a conoscenza dei Coanim in lutto il comando di Dio di fare un'eccezione in questo giorno.

13- ...e la mangerete in luogo sacro, perché essa è tuo diritto e diritto dei tuoi figli, prelevata da ciò che è bruciato col fuoco in onore del Signore perché così mi è stato comandato. 14- Ed il petto che è stato agitato e la gamba che è stata prelevata mangerete in luogo puro, tu ed i tuoi figli e le tue figlie con te, perché essi sono stati dati come tuo diritto e diritto dei tuoi figli, prelevati dai sacrifici di scelamim dei figli di Israele.

Ed i tuoi figli e le tue figlie. Le offerte sono divise solo tra i Coanim in grado di effettuare il rito, ma in caso di offerte di minore santità, come il petto delle offerte di scelamim il Coen poteva dividere la carne con la sua famiglia (Rashì).

La disputa tra Mosè ed Aron.

Tre capri venivano offerti come sacrifici espiatori quel giorno. Uno era l'offerta speciale di Nahscion, leader della tribù di Giuda (vedi Numeri 7:12-17); il secondo era per l'inaugurazione del Tabernacolo (9:3) - entrambi erano kodshè shaà e non sarebbero stati mai più presentati; il terzo capro era il sacrificio espiatorio di Rosh Hodesh, capomese (Numeri 28:15). In precedenza Mosè aveva dato istruzioni ai Coanim di mangiare le offerte farinacee, entrambe come detto kodshè shaà, ed i Coanim lo avevano fatto. Come già notato si trattava di un'eccezione alla regola generale in quanto anche se il Sommo Sacerdote poteva compiere i riti nello stato di onen, non poteva, in quello stato, mangiare la sua parte delle offerte. La domanda che si ponevano Aron ed i suoi figli era se l'ordine di Mosè riguardante le offerte farinacee si applicasse o meno alla carne dei sacrifici espiatori; e se si applicava, doveva applicarsi a tutti e tre? Sebbene Dio avesse stabilito che i Coanim dovevano mangiare malgrado il loro stato di onen, stava a Mosè e/o ad Aron stabilire le circostanze alle quali l'ordine si applicava.

Mosè pensava che l'ordine dovesse applicarsi a tutte le offerte, inclusi i kodshè dorot, e quindi che i Coanim dovessero mangiare il capro di Rosh Hodesh. Aron invece pensava che il precetto, essendo stato dato per un'offerta farinacea che era kodesh shaà, dovesse essere applicato solo ai capri di Nahscion e dell'inaugurazione che erano ugualmente kodshè shaà; riteneva proibita per se e per i suoi figli la carne del capro di Rosh Hodesh in quanto era kadosh dorot.

Rabbì Zadok haCoen ci fa notare che questo è il primo punto della Torà in cui troviamo il classico metodo della Legge Orale e cioè l'uso di ragionamenti per definire i parametri di applicazione delle leggi.

15- La gamba da prelevarsi ed il petto da agitarsi verranno portati con le parti di chelev da bruciarsi col fuoco perché vengano agitati davanti al Signore; e sarà per te e per i tuoi figli che sono con te un diritto per tutti i tempi, come ha comandato il Signore." 16- E Mosè ricercò il capro del chattath, ed ecco era stato bruciato; e si adirò contro Elazar e contro Ithamar, figli superstiti di Aron, dicendo:...

Il capro del chattath. Poichè la frase è al singolare, è evidente che solo uno dei sacrifici espiatori era stato bruciato e non mangiato. Quale era? I Maestri interpretano indicando il capro di Rosh Hodesh. Cioè era stata bruciata l'offerta di Rosh Hodesh, che era kadosh dorot, pensando che ad essa non si applicasse l'ordine di Mosè.

Ricercò [letteralmente: "ricercare, ricercò" cioè ricercò con insistenza]. La doppia espressione di interrogazione indica che Mosè pose due domande: "perché avete bruciato l'offerta di Rosh Hodesh? e perché avete mangiato le altre offerte? le vostre azioni sono contraddittorie" (Rashì; Sifrà come interpretato da Gur Aryeh).

La maggior parte delle edizioni a stampa del Pentateuco riporta qui una nota massoretica per segnalare come queste due parole dividano esattamente a metà tutte le parole della Torà. Questo ci insegna che l'intera Torà si basa sul costante ricercare; non si deve mai smettere di studiare e di ricercare una sempre più profonda e vasta comprensione della Torà (Deghel Mahanè Efraim).

E si adirò. Mosè sbagliò perché si fece prendere dalla rabbia (Vaikrà Rabbà 13:1). Se non fosse stato per la rabbia avrebbe analizzato quanto era accaduto ed avrebbe capito che i Coanim avevano agito correttamente (Malbim). La Torà non nasconde le carenze dei più grandi uomini, perchè dobbiamo imparare dai loro errori così come dalle loro virtù. Se il più grande di tutti i profeti può essere indotto in errore dalla rabbia, allora certamente tutti noi dobbiamo imparare a controllare le nostre passioni.

Contro Elazar. In effetti la forte critica di Mosè era diretta ad Aron, responsabile della cerimonia, ma per deferenza verso il fratello maggiore rivolse le sue parole ai figli (Rashì).

17- "Perché non avete mangiato il chattath in luogo sacro? Esso è infatti cosa santissima ed il Signore ve lo ha dato per perdonare i peccati della congrega, per espiare per loro davanti al Signore: 18- ecco il suo sangue non è stato introdotto nel luogo sacro all'interno: avreste dovuto mangiarlo in luogo sacro come vi avevo comandato". 19- Allora Aron parlò a Mosè: "Ecco, oggi hanno presentato il loro chattath ed il loro olocausto davanti al Signore e poi mi son capitate tali disgrazie: se avessi mangiato oggi il chattath, sarebbe la cosa piaciuta al Signore?".

Aron parlò. Anche se Mosè aveva rivolto le sue aspre domande ai figli di Aron, essi non risposero in quanto sarebbe stato irriguardoso prendere la parola in presenza del padre ed entrare in polemica con il loro maestro Mosè (Rashì).

Oggi hanno. Deduciamo dalla risposta di Aron che stava rispondendo ad un'altra possibile ragione per la quale avrebbero potuto bruciare l'offerta. Poichè il rito eseguito da un onen è nullo, l'offerta presentata si sarebbe dovuta bruciare. Per allontanare questa ipotesi Aron sottolinea che non sono stati i figli ma lui, il Coen Hagadol, a celebrare l'intera cerimonia della giornata e questo è permesso al Coen Hagadol anche se è onen. Poi Aron va avanti e spiega che anche se la cerimonia si era svolta correttamente nessuno poteva mangiare l'offerta in quanto nemmeno il Coen Hagadol poteva farlo se onen (Rashì).

Poi mi son capitate tali disgrazie. Ora che questa tragedia mi ha reso onen, e quindi mi ha reso inadatto a mangiare la carne del sacrificio...

Sarebbe la cosa piaciuta al Signore? Sarebbe stato corretto che io mangiassi l'offerta di Rosh Hodesh? Certamente il Signore non avrebbe approvato!

20- Mosè sentì, e gli piacque.

Gli piacque. Appena Mosè ebbe udito il ragionamento di Aron, riconobbe che Aron aveva ragione. In una dimostrazione dell'umiltà che era poi l'essenza della sua grandezza, Mosè non tentò di difendere la propria posizione. Ammise invece senza imbarazzo che Dio gli aveva dato istruzioni solo per quanto concerne le specifiche offerte del giorno, proprio come Aron ed i figli avevano capito, ma se ne era dimenticato (Rashì; Zevahim 101a).

 

Le leggi della Casherut.

Alla fine di questo capitolo (vv. 43-45) la Torà sottolinea in termini chiari e precisi le ragioni delle leggi alimentari: osservandole l'ebreo sale nel livello di santità; trascurandole, non solo si contamina, ma gradualmente si forma una barriera che impedisce la sua comprensione della santità. Così come una persona sottoposta a forti rumori, lentamente ed impercettibilmente, ma con continuità perde la capacità di sentire suoni leggeri e di distinguere tenui modulazioni, così, la Torà ci fa sapere, il consumo da parte di un ebreo di alimenti non casher indebolisce le sue capacità spirituali e lo priva della possibilità di raggiungere la santità. Peggio ancora, lo priva perfino della capacità di rendersi conto di questa perdita. Per questa ragione Rama (Yorè Deà 81:17) avverte che anche ai bambini piccoli si deve impedire di mangiare cibi proibiti: il loro potenziale spirituale ne risulterebbe danneggiato.

Rashì dà una spiegazione del perché alcuni cibi di origine animale sono proibiti agli ebrei. La missione spirituale del popolo ebraico è quella di legarsi alla Fonte Assoluta di vita spirituale. Di conseguenza gli ebrei debbono astenersi dal consumare qualunque cibo che la Divina Intelligenza ha individuato come un ostacolo al loro obbiettivo. Nella parabola di Rabbì Tanchumà un dottore visita due pazienti. Ad uno egli dice: "Puoi mangiare ciò che vuoi." All'altro impone una dieta severa. Poco dopo il primo paziente muore, il secondo guarisce. La giustificazione del dottore è che non vi erano comunque speranze per il primo paziente e quindi nessun motivo di privarlo di ciò che amava mangiare; mentre il secondo, ancora fondamentalmente sano, doveva seguire una dieta per ritrovare la piena salute. Questo è il caso di Israele. Poiché il popolo ebraico ha la potenzialità di una vita spirituale, Dio "prescrive" cibo che consenta la sua crescita spirituale.

Come nota Chinuh, il danno causato dai cibi proibiti non è fisico: piuttosto essi impediscono al cuore di raggiungere i più alti valori dell'anima.

Levitico, cap. 11, v. 1- Il Signore parlò a Mosè e ad Aron dicendo loro così: 2- "Parlate ai figli di Israele dicendo loro: "Questi sono gli animali che potrete mangiare tra tutti i quadrupedi che ci sono sulla terra:...

Parlate. Il verbo è al plurale per indicare che sia Mosè che l'intera famiglia sacerdotale, a cui Mosè aveva insegnato per primi questi comandamenti, dovevano condividere l'onore di riportarli al popolo. Questo era il compenso per aver accettato senza protesta il decreto Divino contro Nadav ed Avihù (Rashì).

Gli animali... i quadrupedi. [Letteralmente: Le creature... gli animali]. In questo verso, come in molti altri punti, queste due parole sono usate intercambiabilmente (Rashì, Sifrà). Talvolta invece haiià si riferisce solo ad animali selvatici e behemà solo ad animali domestici (Malbim).

Animali terrestri permessi e proibiti.

La Torà identifica gli animali la cui carne può essere consumata come ruminanti con lo zoccolo spaccato.

3- ...ogni quadrupede che abbia uno zoccolo e che abbia in esso una fessura che lo divida in due e che rumini potrete mangiarlo.

Una fessura che lo divida in due. Solo se lo zoccolo è completamente diviso l'animale è casher: non lo è se lo zoccolo è diviso sopra ed unito alla base (Rashì).

4- Ma non potrete mangiare questi tra quelli che ruminano o che hanno lo zoccolo: il cammello che è sì ruminante, ma non ha uno zoccolo: è impuro per voi;...

Impurità. Il termine tumà ha due significati, contaminazione o impurità, a seconda del contesto. Più spesso si riferisce alla contaminazione rituale che può essere portata su persone o cose. Altre volte, come in questo capitolo, si riferisce soprattutto a cibi proibiti. Quindi quando la Torà definisce un animale come "impuro", ciò non ha nulla a che vedere con la contaminazione. In effetti nessun animale vivo può mai essere tamè, impuro o contaminato. Un cavallo che trasporti un cadavere umano sulla groppa non è tamè nel senso della contaminazione. Lo è però nel senso di animale proibito come cibo.

Ma... questi. I prossimi quattro versi definiscono casi di animali che sono proibiti per avere solo una delle caratteristiche richieste per la casherut. Kli Yakar nota che la Torà, nel fare l'elenco di questi animali non casher, descrive subito la caratteristica presente che li renderebbe casher anzichè semplicemente definirli non casher per via della caratteristica anatomica assente. Questo significa che la presenza di una sola caratteristica casher peggiora le cose. La presenza di un solo segno fa pensare a quegli ipocriti che pubblicizzano sempre le loro occasionali buone azioni anzichè concentrarsi nell'eliminare le loro carenze: questa disonestà li rende "non casher". Questo concetto è entrato nella lingua Yddish che chiama l'ipocrita "hazzer fissel" o piede di porco in quanto il maiale tende a stendersi con le gambe in avanti e gli zoccoli in mostra, come per far pensare di essere casher.

5- ...ed il coniglio perché è sì ruminante ma non ha uno zoccolo: è impuro per voi;...

Il coniglio. Molti traducono "l'irace", un piccolo mammifero simile alla marmotta. A differenza del coniglio o della lepre, a cui pure somiglia vagamente, ha orecchie corte e zampe con unghia.

6- ...e la lepre perché è sì ruminante ma non ha uno zoccolo: è impura per voi;...

 

 

La lepre (o il coniglio). Entrambe le traduzioni sono comunemente usate, poiché lepri e conigli appartengono alla stessa famiglia e sono molto simili. Molti traducono anche shafan nel verso precedente coniglio o lepre. Queste parole sono esemplificative della difficoltà di tradurre i nomi poco familiari degli animali e degli uccelli che compaiono in questo capitolo. A parte la difficoltà nella corretta identificazione, c'è un altro più fondamentale problema nel caso dell'irace /coniglio /lepre. La Torà afferma esplicitamente che questi animali ruminano il loro bolo ma nessuno lo fa nello stesso modo in cui ruminano gli animali casher. Secondo Rabbì Hirsh "potremmo definire la traduzione precisa solo se fossimo sicuri che entrambi questi animali ruminano il bolo, cosa che non sembra essere."

Questi animali riportano dallo stomaco alla bocca pallette umide che poi rimasticano ed emettono escrementi secchi. Così sembra che ruminino ma ciò che fanno non è assimilabile al ruminare degli ovini o dei bovini. Forse il termine ruminare si riferisce a qualunque animale porti il cibo dallo stomaco alla bocca o forse, come nel caso di molti animali di questo capitolo, semplicemente noi non ne conosciamo l'identità.

7- ...ed il maiale perché ha sì uno zoccolo con una fessura che lo divide in due, ma esso non runina: è impuro per voi. 8- Non mangiate la loro carne e non toccate la loro carogna: sono impuri per voi.

Non toccate. Questa proibizione aveva effetto solo durante i pellegrinaggi festivi al Tempio, quando tutti dovevano essere ritualmente puri. In quei periodi nessuno poteva toccare una carogna impura perché era obbligatorio per tutti restare puri per tutta la durata del pellegrinaggio (Rashì).

Pesci permessi e proibiti.

9- Questi potrete mangiare tra tutti gli animali che stanno nell'acqua: tutti gli animali forniti di pinne e di squame che vivono nell'acqua, sia nei mari, sia nei corsi d'acqua, li potrete mangiare;...

E di squame. Le scaglie che consentono di definire un pesce casher sono solo quelle che si possono staccare facilmente con un coltello (Ramban). Questo esclude animali acquatici le cui scaglie non sono ben definite come i crostacei e gli anfibi.

10- ...e tutti quelli che non hanno pinne e squame nei fiumi e nei corsi d'acqua, tra il brulicame dell'acqua e tra tutti gli animali che stanno nell'acqua, sono per voi cosa abominevole.

Il brulicame dell'acqua, cioè le piccole creature che vivono nell'acqua. Il termine successivo, gli animali che stanno nell'acqua, si riferisce agli animali più grandi (Sifrà).

11- Cosa abominevole dunque saranno per voi; della loro carne non mangerete e la loro carogna considererete abominevole.

Abominevole... per voi. Anche se il pesce proibito diviene parte di una mistura nella quale non sia riconoscibile (bitul) esso resta proibito se il suo sapore è ancora distinguibile (Rashì).

Della loro carne... la loro carogna. Carne si riferisce al pesce ucciso per cibarsene, carogna si riferisce al pesce morto per cause naturali (Chizkuni, B'chor Shor).

12- Ogni animale sprovvisto di pinne o squame che sta nell'acqua è cosa abominevole per voi.

Volatili proibiti.

Al contrario degli animali casher e dei pesci che sono identificati non per nome ma per caratteristiche, cosicchè la loro identificazione è chiara, l'identificazione degli uccelli permessi è incerta. La Torà nomina venti specie definendole non casher, il che significa che tutti gli altri uccelli sono casher. Purtroppo però, come risultato dei vari esilii e dispersioni, il linguaggio della Torà è caduto per lungo tempo in un relativo disuso, con il risultato che l'esatta identificazione di alcune delle venti specie non casher è divenuta dubbia. Di conseguenza lo Shulhan Aruch (Yorè Deà 82:2) stabilisce che è proibito mangiare qualunque specie di uccello a meno che una ben stabilita tradizione non lo riconosca come casher. Poichè la Halahà ha stabilito che non conosciamo la certa traduzione degli uccelli nominati nella Torà, molte edizioni tradotte lasciano in ebraico i nomi degli uccelli.

13- E questi considererete come abbominevoli tra i volatili, non verranno mangiati, sono abbominevoli: l'aquila, l'aquila marina e l'aquila nera 14- e il nibbio e lo smeriglio nelle sue varie specie, 15- ogni corvo nelle sue varie specie 16- e lo struzzo e il falcone e il gabbiano e lo sparviero nelle sue varie specie 17- e il pellicano e il merlo e il gufo 18- e il cigno e il cuculo e l'avvoltoio 19- e la cicogna, il pappagallo nelle sue varie specie, e l'upupa e il pipistrello.

La cicogna (Rashì). Nella tradizione di alcune comunità la cicogna era considerata casher: una tradizione contestata da Teshuvot haRosh (20:20) ma difesa da Rabbì Yerucham (Beit Yosef, Yorè Deà 82).

Perché è chiamata chasidà? Perché mostra benevolenza (chesed) nei confronti degli altri uccelli della sua specie dividendo con essi il suo cibo (Rashì; Chullin 63a). Ma se è così benemerita perchè è stigmatizzata come non casher? Il Rebbe di Rizhin fa notare che la benevolenza della cicogna è diretta solo nei confronti della sua specie ed essa non aiuta specie diverse. Per gli ebrei questa non è certo una caratteristica ammirevole!

Insetti permessi e proibiti.

Anche se alcune poche specie di insetti sono permesse, come ci dicono i versi seguenti, Rashì stabilisce che solo tradizioni assolutamente consolidate possono permetterne il consumo poichè è impossibile individuarle con il solo esame delle loro caratteristiche fisiche. Con il passare del tempo tali tradizioni si sono virtualmente estinte. Alcuni ebrei marocchini e yemeniti hanno conservato antiche tradizioni riguardanti insetti casher; Or haHaim scrive però in proposito di aver protestato, trovandosi in Marocco, contro il consumo di ogni tipo di insetto per la difficoltà di identificare le poche specie casher tra il gran numero di specie non casher. Aggiunge che nei dodici anni successivi alla accettazione del suo punto di vista non ci fu nel paese nessuna invasione di cavallette.

20- Ogni brulicante volatile, che cammina come i quadrupedi, è cosa abominevole per voi.

Brulicante volatile. Si tratta di insetti come le mosche, le vespe, bachi e cavallette (Rashì). Rabbì D. Z. Hoffmann fa notare che tutti gli insetti hanno sei zampe e non quattro. Spiega che si deve intendere che quattro zampe servono per deambulare, le altre due solo per saltare.

21- Ma potrete mangiare questi tra tutti i brulicanti volatili, che camminano come i quadrupedi: quelli che hanno gambe più alte delle altre con cui saltare sulla terra.

Gambe... per saltare. Questi insetti hanno due zampe articolate, come il ginocchio umano, la cui articolazione è più alta del corpo dell'insetto quando esso è a riposo. Usa queste potenti zampe per lanciarsi dal suolo quando salta o si invola.

22- Questi potrete mangiare tra di essi: la locusta nelle sue varie specie e il sol'am nelle sue varie specie e il chargol nelle sue varie specie e il grillo nelle sue varie specie; 23- ma ogni altro volatile che cammina come i quadrupedi è cosa abominevole per voi.

Creature non casher che trasmettono l'impurità rituale.

Il resto del capitolo discute la trasmissione della äàÈnÀèË, contaminazione o impurità. Dal punto di vista pratico la contaminazione è proibita solo per cibi ed oggetti consacrati al culto del Tabernacolo o del Santuario e coloro che li possono toccare. La sola contaminazione proibita senza eccezione è quella del Coen che diviene impuro con un cadavere umano (21:1-4, 11). Gli animali casher uccisi con la shehità nel rispetto di tutte le regole non sono contaminati ritualmente: il loro caso è discusso nei successivi versi 39-40. Le carcasse dei grossi animali non casher sono impure indipendentemente dalla causa della morte. Gli insetti non lo sono mai, vivi o morti. Nel caso di piccoli animali, striscianti, solo le otto specie elencate sotto sono tamè quando morte.

24- Per questi diverrete impuri, chiunque tocchi la loro carogna diverrà impuro fino a sera,...

 

Diverrà impuro fino a sera. Il solo modo che una persona ha di togliersi di dosso la tumà, impurità rituale, è l'immersione in un mikvè (17:15). Fatto ciò la sua impurità termina, ma, come comanda questo verso, egli non può toccare o mangiare la trumà, la porzione del sacrificio destinata al Coen o la carne delle offerte fino a sera (Ramban).

25- ...e chiunque alzi parte della loro carogna dovrà lavare i suoi vestiti e restare impuro fino a sera,...

Chiunque alzi parte. L'impurità di uno che alzi, cioè sostenga il peso, di una carogna è più grave di quella di colui che solo tocchi la carogna. (Alzare comprende anche il rimuovere una carogna in modo indiretto, ad esempio con una leva). Come insegna questo verso, colui che alzi una carogna contamina i suoi abiti come se stesso. Di conseguenza anche essi debbono essere immersi nel mikvè se il proprietario desidera rimuoverne l'impurità (Rashì).

26- ...per ogni quadrupede che abbia uno zoccolo e che abbia in esso una fessura che lo divida in due ma che non rumini: essi sono impuri per voi, chiunque li tocchi diverrà impuro;...

Chiunque li tocchi. L'impurità conseguente al semplice toccare è meno grave di quella derivante dal sollevare. Quindi non richiede l'immersione degli abiti.

27- ...ed ogni animale che cammina sulla sua pianta dei piedi fra tutti i quadrupedi è impuro per voi: chiunque tocchi la loro carogna sarà impuro fino a sera; 28- e chi alzi la loro carogna dovrà lavare i suoi vestiti e restare impuro fino a sera: essi sono impuri per voi.

I piccoli animali striscianti.

Questo passaggio elenca gli otto piccoli animali che sono impuri da morti e che trasmettono la loro impurità a persone e cose. La loro identificazione è dubbia.

29- E questi sono per voi gli impuri tra il brulicame che brulica sulla terra: la donnola e il sorcio e il rospo nelle sue varie specie 30- e la botta e la talpa e la lucertola e la tartaruga e il camaleonte: 31- questi sono gli impuri per voi tra tutto il brulicame, chiunque li tocchi dopo che siano morti diverrà impuro fino a sera;...

Chiunque li tocchi. Al contrario delle carcasse degli animali, questi animali trasmettono l'impurità solo per contatto. Sollevarli senza contatto non trasferisce impurità. (Vedi Keilim 1:1-2).

Oggetti che ricevono l'impurità.

Ci è stato detto come le carcasse degli animali contaminino ritualmente le persone. Ora la Torà si occupa degli oggetti e di come essi ricevano l'impurità venendo a contatto con una qualunque carogna su menzionata.

Le regole di base dell'impurità.

(a) Prima che del cibo possa divenire tamè, impuro, esso deve ricevere l'echsher o preparazione. Deve cioè essere inumidito da uno di questi sette liquidi: acqua, rugiada, vino, olio, sangue, latte o miele d'api (Machshirim 6:4).

(b) L'echsher del cibo può aver luogo solo dopo che questo sia stato staccato dal suolo; altrimenti ogni cibo vegetale potrebbe accogliere l'impurità per il solo fatto di essere stato inumidito dalla rugiada durante la sua crescita.

(c) Tre gradazioni di impurità sono coinvolte in questo passaggio: 1. Un animale morto è un av tumà, padre (o fonte) di contaminazione. 2. un recipiente diviene rishon le tumà, impuro di primo grado. 3. il contenuto del recipiente diviene shenì le tumà, impuro di secondo grado.

Solo cibi e bevande possono divenire impuri al secondo grado; nè le persone nè gli utensili di ogni tipo possono ricevere l'impurità sotto il primo grado. Cibo non più adatto all'alimentazione non può divenire impuro, a meno che non sia usato come uno strumento, nel qual caso segue le regole degli utensili.

(d) Se una carogna e del cibo sono simultaneamente dentro un recipiente di argilla ma non si toccano, la carogna rende il recipiente impuro al primo grado ed il recipiente a sua volta rende il cibo impuro al secondo grado.

(e) Per la trasmissione della tumà il cibo deve avere almeno il volume di un uovo (Rashì v.34). La carne di una carogna animale è l'eccezione a questa regola; non è considerata cibo e contamina anche nel volume di un'oliva che è la metà del volume di un uovo (vedi nota al verso 40).

32- ...e qualunque cosa su cui cada parte di essi dopo che siano morti diverrà impura, sia essa un oggetto di legno o di stoffa o di cuoio o di materia animale, insomma qualunque oggetto di cui ci si serva per qualsiasi lavoro: esso sarà fatto passare per l'acqua, resterà impuro fino a sera, e poi tornerà puro;...

Parte di essi. Anche una piccola parte di animale morto può causare tumà (Sifrà).

Ci si serva per qualsiasi lavoro. Solo un recipiente usato per scopi produttivi può divenire impuro, quindi un utensile il cui solo scopo è di coprire o riparare altri utensili non può divenire tamè. Il coperchio di una pentola può divenire tamè perché è considerato parte integrante della pentola (Sifrà).

3- ...e quanto ad ogni oggetto di argilla, entro cui sia caduta parte di essi, tutto il suo contenuto diverrà impuro e romperete l'oggetto stesso:...

Argilla. Il vasellame di argilla ha tre caratteristiche peculiari: (a) Diviene impuro solo all'interno e non può essere contaminato se la tumà viene a contatto con l'esterno del recipiente; (b) diviene impuro quando la tumà semplicemente entra nel recipiente, anche se non viene a contatto con la superficie interna; (c) non può essere purificato immergendolo nel mikvè (Rashì).

Romperete. L'unico modo di purificare un recipiente di argilla è romperlo in modo che non possa più svolgere la sua originale funzione. Se doveva contenere liquidi deve essere bucato; se doveva contenere solidi vi si deve quantomeno fare un foro che sufficientemente grande perchè ciò che vi doveva essere posto cada fuori (Rashì).

34- ...diverrà impuro ogni cibo commestibile su cui sia giunta acqua, ed ogni liquido bevibile che si trovi in qualsiasi recipiente diverrà impuro.

Ogni cibo. Questo verso definisce meglio il precedente aggiungendo che solo cibo e bevande divengono tamè per il semplice fatto di trovarsi in un recipiente all'interno del quale cada una carogna. Questo implica che gli utensili non possono divenire impuri se non toccati direttamente da una carogna (Rashì).

Commestibile. Cibo e bevande deteriorati ed immangiabili non possono divenire impuri (Sifrà).

Su cui sia giunta acqua. Vedi sopra i punti (a) e (b) sotto il titolo "Le regole di base dell'impurità".

35- Dunque ogni recipiente su cui cada parte della loro carogna diverrà impuro: se è un forno o un fornello verrà rotto: essi sono impuri ed impuri saranno per voi;...

Un forno o un fornello verrà rotto. Trattandosi di oggetti di argilla non possono divenire puri a meno che non vengano rotti; se fossero di altro materiale potrebbero essere purificati nel mikvè (Rashì).

E impuri saranno per voi. Questo ci insegna che se il proprietario desidera tenersi un recipiente impuro così com'è (destinandolo ad un uso che non richieda purità rituale) può farlo (Rashì).

36- ...ma una sorgente o un pozzo o un ricettacolo d'acqua, resteranno puri, e chi tocchi la loro carogna diverrà impuro.

Una sorgente, un pozzo o un ricettacolo d'acqua. Solo l'acqua contenuta in un recipiente che sia staccato dal terreno può divenire impura, non l'acqua sul terreno (Rashì).

Una ricca e complicata tradizione spiega e sviluppa le implicazioni di questo verso che è alla base delle regole di costruzione del mikvè, bagno rituale. Il concetto fondamentale è che l'acqua che purifica le persone non deve essere manipolata, attinta o raccolta dall'uomo; o è una fonte naturale o è un bacino nel quale le acque convergono spontaneamente. In quest'ultimo caso vi è una potenzialità purificatrice inferiore rispetto a quella della fonte naturale: è possibile costruire artificialmente delle strutture per far convergere l'acqua in bacini predisposti dall'uomo, ma l'intera struttura di convogliamento deve rispondere a dei requisiti precisi: il bacino finale deve essere interrato o attaccato a terra, e non deve essere un recipiente prefabbricato, le condutture che portano l'acqua nel nel bacino (ad es. l'acqua piovana da un tetto) non devono in alcun modo consentire la fermata dell'acqua, perché in tal modo sarebbero "recipienti" quindi suscettibili di ricevere impurità; anche il materiale di cui sono fatte è importante: il metallo, salvo accorgimenti speciali è generalmente escluso. Da queste premesse è ben chiaro che la "purificazione" è una cosa differente dalla "pulizia" (anche se non si può essere puri se prima non si è puliti). Non è il lavaggio con una qualsiasi acqua che rende puri, ma la sua qualità naturale ed incontaminata. (Rav Riccardo Di Segni).

Chi tocchi la loro carogna. Anche se il mikvè purifica una persona contaminata ritualmente, se essa tocca una carogna mentre è immersa nel mikvè la persona diviene impura (Rashì). Se però lascia andare la carogna rimanendo immersa, diviene pura.

37- E se cadrà parte della loro carogna su un seme atto alla seminagione esso resta puro;...

Resta puro. Il seme resta puro perché, dopo essere stato staccato dal terreno, non è ancora venuto in contatto con acqua. Il concetto di echsher, preparazione alla contaminazione attraverso il contatto con un liquido, è introdotto dal verso che segue.

38- ...ma se era stata messa dell'acqua sul seme e poi cade su di esso parte della loro carogna, esso è impuro per voi.

 

Contaminazione di animali casher.

39- E se morirà uno degli animali che vi è permesso di mangiare, chi tocchi la sua carogna diverrà impuro fino a sera; 40- e chi mangi la sua carogna dovrà lavare i suoi abiti e restare impuro fino a sera, e chi alzi la sua carogna dovrà lavare i suoi abiti e restare impuro fino a sera.

Chi trasporti. Solo nel caso di trasporto di carogna anche gli abiti divengono impuri. Perfino se qualcuno mangiasse dalla carogna, i suoi abiti non diverrebero impuri se esso fosse imboccato da una seconda persona ad evitare il "sollevamento" della carne alla bocca. Toccare semplicemente la carne rende impura la persona ma non gli abiti (Rashì).

Proibizione di mangiare le creature brulicanti.

La Torà torna ora sull'argomento dei cibi proibiti che era stato interrotto dalla discussione delle leggi sulla impurità. Il verso 23 si era chiuso con le leggi sui grossi insetti alati; si passa ora alle leggi sugli insetti più piccoli.

41- Ed ogni brulicame che brulica sulla terra, è cosa abominevole, non si mangerà;...

Brulicame. Rashì riconosce in questo termine le creature piccole e basse, con zampe corte che stisciano sul terreno.

42- ...ogni animale che cammina sul ventre ed ogni animale che cammina come i quadrupedi, compresi tutti quelle che hanno molte gambe, tra tutto il brulicame che brulica sulla terra, non li mangerete perché essi sono cosa abominevole.

Ogni animale che cammina sul ventre. Cioè serpenti e vermi (Rashì). La lettera vav nella parola gahon (ventre) è scritta nei Sifrè Torà in forma allungata. Gli antichi Maestri, chiamati Sofrim, coloro che contano, perchè contavano le lettere e le parole della Torà (e creavano liste numerate delle leggi e dei principi della Torà come ad esempio le 39 melahot proibite di shabbat), hanno notato che la vav allungata di gahon è la lettera centrale tra tutte le lettere della Torà (Kiddushin 30b).

Quadrupede. Per Rashì scorpioni e scarafaggi.

Molte gambe. Secondo Rashì i centipedi.

Santità e leggi della casherut.

Per concludere la parashà la Torà pone queste leggi in una nuova prospettiva. Il consumo dei cibi proibiti inibisce la capacità di una persona di elevarsi e santificarsi rendendo impura l'anima in un modo che nessun esame fisico può decifrare e creando una barriera tra l'ebreo e la sua percezione di Dio. Non c'è da meravigliarsi se coloro che consumano cibi proibiti non riescono a capire la logica di queste proibizioni, proprio come coloro che sono dipendenti da analgesici trovano strano che altri soffrano per stimoli che essi non sentono. Gli analgesici addormentano i nervi, i cibi proibiti atrofizzano la sensibilità agli stimoli spirituali.

43- Non rendete abbominevoli le vostre persone per mezzo di qualsiasi brulicame che brulica sulla terra e non rendetevi impuri per mezzo di essi, sì da essere impuri a causa loro;...

Da essere impuri a causa loro. Se vi contaminate mangiando cibi proibiti in questo mondo Io vi renderò impuri nel Mondo a Venire e di fronte alla Corte Celeste (Rashì, Sifrà, Yomà 39a).

Poichè grammaticalmente manca una alef nella parola venitmetam essa si può anche leggere venitamtem "da divenire insensibili a causa loro". Come notato sopra, il consumo di alimenti proibiti attenua le potenzialità spirituali. Nelle parole dei Maestri: se una persona si contamina da se un po', diviene molto impura; Se si contamina da se in basso, diviene impuro in alto; se si contamina in questo mondo sarà impuro nel Mondo a Venire. Di contro, "se vi sforzerete di essere santi, (e) sarete santi (v. 44)". Se una persona si santifica un po', sarà molto santificata; se lo sarà sotto, lo sarà sopra; se si santificherà in questo mondo lo sarà nel Mondo a Venire (Yomà 39a).

Per divenire santa una persona deve santificarsi "dal basso all'alto", il che significa che la strada della santità non comincia da sublimi pensieri o dallo studio di idee sofisticate. Per prima cosa una persona deve santificarsi nelle cose "basse", cioè nel comportamento personale, nella moralità, e nei desideri. Quando si sarà trasformata in una persona modesta e morale, allora potrà sperare nell'assistenza dall'alto (Siddurò shel Shabbat).

44- ...perché Io sono il Signore vostro Dio, e vi sforzerete di essere santi, e sarete santi, perché santo sono Io, e non renderete impure le vostre persone per causa di tutto il brulicame che brulica sulla terra;...

E vi sforzerete di essere santi... perché santo sono Io. Se gli ebrei faranno uno sforzo sincero per santificare loro stessi, Dio li aiuterà proteggendoli dal sempre presente pericolo di mangiare involontariamente e senza loro colpa cibi proibiti (Or haHaim).

Poiché Dio è santo, vuole che il Suo popolo sia santo così che sia eterno, percepisca il suo Creatore e segua le Sue vie. Solo se gli ebrei si asterranno dai cibi proibiti questo sarà possibile (Sforno).

45- ...perché Io sono il Signore che vi ha fatti salire dalla terra d'Egitto per esservi Dio, e voi sarete santi perché santo sono Io.

Che vi ha fatto salire dalla terra di Egitto. La ragione per la quale foste redenti dalla schiavitù egiziana era quella di accettare i comandamenti. Poiché questa era la ragione per la quale Dio vi liberò dall'Egitto, è giusto che Gli mostrate gratitudine raggiungendo gli obbiettivi che Lui vi ha posto. Lo scopo di Dio nel salvarvi era di mettervi in condizione di capire la Sua grandezza senza intermediari, divenire santi ed eterni. Questo obbiettivo di santità è la ragione delle leggi sui cibi proibiti (Sforno). La scelta del verbo "salire" in luogo di "uscire" implica che le leggi sulla casherut furono istituite per elevare la nazione (Rashì; Sifrà, Bavà Mezià 61b).

46- Questa è la legge dei quadrupedi e dei volatili e di tutti gli esseri viventi che si muovono sull'acqua e di ogni essere che brulica sulla terra: 47- sì da distinguere tra l'impuro ed il puro e tra l'animale che si può mangiare e l'animale che non deve esser mangiato.

Distinguere. È un obbligo per un ebreo conoscere la Torà e le sue leggi, non solo in forma astratta, ma nelle loro applicazioni pratiche. La Torà ci impone di fare delicati e difficili distinguo, spesso essenziali per attuare il volere di Dio. Ma qui siamo chiamati a "distinguere" tra un asino non casher ed una vacca casher? Certamente no, la differenza tra i due è ovvia. Questo comandamento ci impone piuttosto di imparare a distinguere tra le cose che sembrano simili: ad esempio distinguere tra il puro o l'impuro o valutare i millimetri che fanno la differenza tra una shehità casher ed una che non lo è (Rashì).

 


Fonti citate nel commento.

Bahyà (1263-1340). Discepolo di Rashbà, il massimo rabbino nella Spagna della fine del 13° secolo. Autore di un commento al Pentateuco su quattro livelli: significato letterale, midrashico, filosofico e cabbalistico.

B'chor Shor. Commento al Pentateuco del tosafista R' Yosef B'chor Shor (1140-1190), discepolo di Rabbenu Tam.

Bunam, Rabbì di Psishà (1765-1827), massimo Rebbe Hassidico in Polonia all'inizio del 19° secolo. Alcuni dei suoi insegnamenti sono raccolti in Hedvà Simhà, Kol Simhà e Ramassaim Zofim.

Chizkuni. Commento al Pentateuco di R' Chizkiyah Chizkuni, vissuto nel 13° secolo, probabilmente in Francia.

Deghel Mahanè Efraim. Commento Hassidico al Pentateuco di R' Moshè Haim Efraim di Sudylkov (1748-1800), nipote del Baal Shem Tov.

Feinstein, R' David. Capo della Yeshivà Mesivtà Tiferet di Gerusalemme. Massima autorità halahica dei nostri tempi.

Gur Ariè. Commento al commento di Rashì sul Pentateuco del Maharal di Praga (1526-1609).

Haamek Davar. Commento al Pentateuco di R' Naftalì Zvì Yehudah Berlin (1817-1893), capo della famosa Yeshivà di Volozhin in Russia.

Hirsh, R' Samson Rafael (1808-1888). Rabbino di Francoforte, leader della moderna ortodossia ebraica tedesca e oppositore della riforma; autore di molte opere tra cui un commento in sei volumi al Pentateuco.

Hoffmann, R' David Zvi (1843-1921). Capo del Seminario Rabbinico Ortodosso di Berlino; confutò il revisionismo bibblico riformista. Autore di numerosi lavori, compreso un commento in tedesco a gran parte del Pentateuco.

Ibn Ezra, R' Avraham (1089-c. 1164). Commentatore bibblico. ha composto un commento classico dell'intero Tannah, famoso per la sua analisi linguistica e grammaticale.

Kamenetsky, R' Yaakov (1891-1986), Rabbino di Tzitevian in Lituania e a Toronto; uno dei massimi pensatori e leader dell'ebraismo. I suoi discorsi e commenti sul Pentateuco sono stati pubblicati in Emet le Yaakov.

Kli Yakar. Popolare commento al Pentateuco di R' Shlomò Efraim Lunshiz (c. 1550-1619), capo della Yeshivà di Lemberg e Rabbino di Praga, uno dei massimi rabbini polacchi dell'inizio del 17° secolo.

Kluger, R' Shlomò (1785-1879), Rabbino di Brody in Galizia, autore di numerose opere e tra i massimi studiosi di Torà del 19° secolo.

Kotler, R' Aharon (1892-1962). Capo della Yeshivà di Kletzk in Polonia, fondatore del Beth Medrash Govoha a Lakewood; prestigioso leader e propugnatore del primato della Torà.

Malbim. Acronimo di Meir Leibush ben Yechiel Michel (1809-1879), Rabbino in Germania, Romania e Russia, importante studioso di Torà e preminente commentatore bibblico dei tempi moderni. Ha dimostrato come la tradizione Orale sia implicita nel testo bibblico.

Or haHaim. Commento al Pentateuco del famoso cabbalista e talmudista R Haim ben Attar (1696-1743). Rabbino e capo della yeshivà a Livorno e poi a Gerusalemme.

Rambam. Acronimo di R' Moshè ben Maimon, "Maimonide" (1135-1204), uno dei massimi studiosi di Torà del Medio Evo. Le sue tre principali opere sono: Commento alla Mishnà in arabo; Mishnè Torà, un completo codice di leggi ebraiche; ed il Morè Nevuhim (La guida degli smarriti), una delle massime opere di filosofia ebraica.

Ramban. Acronimo di R' Moshe ben Nachman, "Nahmanide" (1194-1270) di Gerona, Spagna, tra i massimi studiosi di Torà del Medio Evo. Difese con successo la causa ebraica nella drammatica disputa di Barcellona nel 1263. Autore di numerosi testi di base sulla Torà, compreso un commento del Pentateuco.

Rashbam. Acronimo di R' Shlomò ben Meir (c. 1085-1174), nipote di Rashì e fratello di Rabbenu Tam, tra i principali Tosafisti e commentatori del Talmud, autore di un commento al Pentateuco.

Rashì. Acronimo di R' Shlomò Yzhaki (1040-1105) considerato il commentatore per eccellenza. I suoi commenti alla Torà ed al Talmud sono considerati ancora oggi basilari per la comprensione del testo.

Ravad. Acronimo di R' Avraham ben David di Posquieres in Provenza (c. 1120- c. 1197), uno dei massimi studiosi di Torà del 12° secolo, famoso per le sue note critiche al Mishnè Torà di Rambam e per molte altre opere su Talmud ed Halahà.

Ritvà. Acronimo di R' Yom Tov ben Avraham al-Asevilli (1248-1330). Rabbino a Saragoza, uno dei più importanti nella Spagna dei suoi tempi. Famoso per i suoi lavori classici sul Talmud.

Sfat Emet. Discorsi sul Pentateuco ed altri argomenti di R' Yehudah Leib Alter (1847-1905), secondo Rebbe di Ger e leader dell'ebraismo polacco.

Sforno. Commento classico del Pentateuco di R' Ovadià Sforno di Roma e Bologna (1470-1550).

Siddurò shel Shabbat. Opera hassidica sulla santità del sabato di R' Haim Tyrer di Czernowitz (1760-1818).

Sifrà. Un midrash halachico tannaitico al Levitico conosciuto anche come Torat Coanim.

Siftè Coen. Commento mistico del Pentateuco di R' Mordehai Ha Coen di Safed (16° secolo).

Soloveitchik, R' Yosef Dov. (1903-1993) Capo Yeshivà e rabbino della comunità ortodossa di Boston. Erede della dinastia di Brisk, è stato un originale studioso del Talmud, pensatore e leader.

Tanchumà. Midrash Aggadico sul Pentateuco attribuito alla scuola dell'amoraita R' Tanchumà bar Abba di Erez Israel (fine 4° secolo).

Targum Yonatan. Parafrasi in aramaico del Pentateuco attribuita a Yonatan ben Uziel, discepolo di Hillel. Alcuni ritengono invece che le iniziali éú significhino Targum Yerushalmi e che sia stato composto in epoca più tarda in Erez Israel.

Yalkut Shimoni. La più conosciuta e completa antologia midrashica che copre l'intero Tannah. Attribuita a R' Shimon Ha Darshan di Francoforte (13° secolo).


 

Questo lavoro è la traduzione della parashà di Sheminì del

"The Stone Chumash"

della Mesorah Pubblications ltd., curato da rabbì Nosson Scherman.

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